domenica 23 giugno 2019

Umiltà e coraggio



Ho scritto questo post nell'estate del 2018, in occasione di un fatto che mi ha piuttosto colpito. L'ho scritto ma non l'ho pubblicato in quel momento. Rileggendolo oggi credo che abbia comunque un valore da comunicare, e ve lo propongo.

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Questa sera stavo rileggendo i classici del Baguazhang per l'ennesima volta, sia perchè l'atmosfera è quella giusta - tranquilla e silenziosa - sia per prepararmi all'evento del 10 novembre 2018, quando Yuri Debbi e Monica Montecchi concluderanno il loro percorso di allievi istruttori di Baguazhang e diventeranno insegnanti. Questo è un momento importante per loro che concludono un percorso e ne iniziano uno nuovo di zecca, ma anche per me, il loro insegnante, che mi sono preso delle responsabilità nei loro confronti. Questo mi spinge a condividere pubblicamente una riflessione che dovrebbe fare parte del bagaglio non tecnico ma di crescita personale che ognuno di noi ha nel suo zaino insieme l'esperienza, e che permette di riconoscere la buona pratica e insegnarla.

Quando nel 1990 ho iniziato ad insegnare Baguazhang eravamo in quattro o cinque in tutta Italia a praticarlo e quasi nessuno ne sapeva gran chè realmente – non solo come arte marziale ma anche di come funzionava in combattimento. Insegnavo allora in una palestra di Schio (Vicenza) dopo aver lasciato da istruttore la mia prima scuola di Kungfu dopo dodici anni con grande tormento. Le implicazioni al tempo per me non erano poche: ero diventato davvero un Ronin, un samurai senza padrone, e ci voleva coraggio ad andare avanti nella pratica da soli. Per fortuna ho avuto un gruppo di amici e maestri che mi hanno sostenuto in quel periodo di transizione, tra cui il maestro Yves Kieffer.

Una sera piovosa d'inverno mi vidi recapitare in palestra un plico manoscritto da tale Loriano Belluomini, il quale mi scriveva qualcosa del tipo: “caro Zanin, visto che anche tu pratichi Baguazhang mi piacerebbe conoscerti”. Da quella missiva nacque una longeva amicizia di trent’anni, visite, scambi, seminari dati e ricevuti, viaggi in Francia insieme per insegnare ed un grande affetto e rispetto reciproco, coltivato negli anni anche a distanza. Loriano ed io ci sentivamo affratellati dalla passione per un'arte marziale, che Loriano aveva avuto modo di studiare a lungo in Cina e con insegnanti di prima grandezza. Aveva contribuito con la sua conoscenza e i suoi disegni ad un mio libro sul Kungfu. Anche se la mia strada mi ha successivamente portato altrove, non per questo mi sono mai sentito lontano da lui o ho sentito il bisogno di giudicarlo, al contrario.

Questo avveniva nel 1990. Di recente invece ho assistito – ovviamente sul solito media dove esce il peggio di ogni persona - ad una vera e propria aggressione da parte di un paio di insegnanti di arti marziali nei confronti di un altro, colpevole del fatto che il suo "modo di muoversi" non piaceva agli altri due, lo paragonavano ad una ginnastica per anziani fatta male. Lo hanno aggredito in modo rabbioso, come quei cagnolini di taglia micro che devono sempre ringhiare a tutti per sentirsi sicuri. Le offese sono arrivate a livello personale, e per assurdo alla fine si sono ritorte contro di loro, che hanno fatto una figura meschina. Alla fine hanno dovuto ammettere che neanche loro sapevano perchè hanno scritto quello che hanno scritto.

Al di là della solidarietà per la persona attaccata, che gli ho chiaramente manifestato, ho cercato di non cadere nella stessa trappola e di non andare ad attaccare questi individui, tentazione fortissima data l’ingiustizia e la vigliaccheria del gesto. Dal canto mio mi sono limitato a chiudere i miei rapporti informatici e personali con loro. Mi sarebbe piaciuto scrivere ai loro insegnanti in Cina e chiedere se un comportamento del genere da parte dei loro allievi italiani lo ritenevano accettabile. La risposta sarebbe stata chiaramente no, perchè al di là della tecnica che può essere condivisa o meno, qua si tratta di educazione e maturità. Il maestro attaccato se l’è comunque cavata brillantemente anche senza il mio aiuto, da buon praticante qual è.

Se non c'è l'uomo, se non c'è consapevolezza tutto il resto, arte marziale compresa, è sprecato. Ricordo ancora un articolo del maestro Dan Docherty sui “guerrieri da tastiera” che affollano i forum e si dichiarano "maestri" con tanto di nome cinese, spiegando che solo loro insegnano la "roba vera" - quale? - e non si rendono conto di esporre in quel modo solo le loro debolezze. Chi abbaia sui media è in genere meno competente di chi si allena, perché perde tempo stando seduto e deve vincere strane battaglie interiori nella sua testa. Chi sa muoversi e sa usare le arti marziali non ha tempo per queste cose, perchè in genere preferisce allenarsi.

C'è chi cerca per tutta la vita, anche tra gli insegnanti, di “accorciare le linee” degli altri, e il mio consiglio è: statene lontani. Chi parla male degli altri purtroppo si qualifica da solo. Se proprio non potete dire nulla di positivo, tacete. Gli hater (odiatori) di professione sono una razza a cui è facile appartenere: basta non riflettere e dire le cose più stupide. Penso che invece allungare la propria linea sia la base di un buon modo di lavorare e lo consiglio a tutti, perchè si può serenamente godere della propria crescita tecnica e umana con gli amici e gli allievi negli anni. Soprattutto, possiamo essere utili agli altri insegnando loro come allungare le loro linee. L'insegnante è un facilitatore ed un educatore, appunto uno shifu, maestro e padre. Se tagliate i panni addosso agli altri, non siete utili neanche a voi stessi, state coltivando schifezze dentro la vostra testa invece che costruire qualcosa di buono. Altro che "maestro o padre"... o forse era proprio lì il problema?

Questo è il messaggio che vorrei passare a Yuri e Monica, e ai ragazzi del secondo anno, che tra una manciata di mesi completeranno anch'essi il loro percorso di Baguazhang, il percorso di trasformazione e di cambiamento per eccellenza. Ormai l'avete capito anche voi, che il percorso marziale è un cammino di crescita personale e non solo tecnica, di combattimento ma anche umana: occorre imparare a vincere le proprie paure, insieme ai pugni e ai calci. E' essenziale mantenere sempre un grande rispetto nei confronti degli altri, perchè le nostre azioni ci qualificano, sempre.

Mantenere un livello di controllo costante e consapevole sui nostri pensieri, sulle nostre emozioni e sulle nostre azioni, questo è già lavoro interno. Anche se è di moda darsi grandi arie, scrivere che "solo noi abbiamo la verità", ma soprattutto schiacciare gli altri per elevarci su di loro: lasciatelo fare agli altri, mantenete sempre un profilo discreto, alla mano, indipendente, pulito. Siate i primi a costruire e gli ultimi a distruggere. Lo scambio ed il confronto sono l'unica fonte di crescita. Bisogna imparare a distinguere con chi si può costruire qualcosa e con chi - purtroppo - non si può.

Un abbraccio




1 commento:

Maurizio Restaldo ha detto...

Articolo molto profondo Luigi! Grazie. Cerchiamo di vivere veramente le trasformazioni interne. Un abbraccio