giovedì 31 gennaio 2008

Prefazione di Wang Xiangzhai (王薌齋)

Questa mattina ho avuto il piacere di parlare a lungo con il mio Onorevole Cugino del senso di un'Arte Marziale senza scopi di lucro, di fama o di potere. Non ricordavo la bellezza di questa introduzione ad un suo libro di Wang Xiangzhai (1885 -1963), nel lontano 1928, quando già il concetto di arte marziale aveva assunto altri valori - non ancora quelli del 2008, ottant'anni dopo! Mi rispecchio profondamente - con modestia di ricercatore - in queste righe, che mi piace pubblicare a futura memoria.

"La via del combattimento é molto difficile da spiegare con le sole parole. Il Libro delle Canzoni e il Libro dei Riti affermano che la boxe e la lotta sono all’origine delle arti marziali. Durante la Dinastia Han (206 AC- 220 DC) Hua Tuo creò la Forma dei Cinque Animali, che racchiudeva l’essenza del combattimento; pochi però furono i praticanti e lo stile andò definitivamente e irrimediabilmente perduto. Nella Dinastia Liang (502- 557 DC) Damo arrivò nell’Est e, oltre ad insegnare la preghiera ai suoi discepoli, tramandò anche l’arte di mantenere il fisico attraverso i caratteri fondamentali dello spirito degli uccelli e delle bestie, combinati con i metodi di sviluppo del midollo e di trasformazione dei muscoli e dei tendini, delle ossa e dei legamenti.

Fu da qui che nacque lo Yiquan (boxe della mente), anche conosciuto come Xinyiquan (boxe del cuore e dell’intenzione). I discepoli e seguaci furono molti e dotati di conseguenza l’arte si diffuse e la fama di Shaolin crebbe enormemente. Successivamente Yue Fei riunì la quintessenza delle varie forme e la trasformò nella Boxe dei Cinque Elementi Combinati: sanshou (combattimento libero); liaoshou (prese e proiezioni) ad altro ancora. Il nuovo nome scelto fu Xingyiquan (boxe della forma e dell’intenzione).

Successivamente, in tempi di pace e stabilità, l’umore generale cambiò: s’iniziarono ad apprezzare la cultura e le arti, mentre le arti marziali vennero sempre più guardate con sufficienza e disprezzo. Molti degli esperti nel combattimento si erano da tempo rovinati a causa della loro bellicosità, e i burocrati avevano intrapreso una campagna diffamatoria spingendo le persone ad evitare le arti marziali, che quindi persero negli anni la loro vera essenza e i loro fondamenti teorici. Mentre gli anni trascorrevano la situazione non accennava a cambiare. Anche se esistevano alcuni individui che conoscevano la Via (Tao) e praticavano i suoi precetti, la maggior parte si nascondeva nei villaggi, non facendo trapelare né il proprio talento né il fatto di essere a conoscenza delle arti marziali. Questa fu indubbiamente una gran perdita per gli studenti del tempo.

Nell’era Qing i fratelli Dai della provincia del Taiyuan furono i migliori in quest’arte, ma la trasmisero solo a Li Luoneng dello Shenxian nella provincia dell’Hebei. Molti furono gli allievi di Li Luoneng, ma solo Guo Yunshen ottenne un livello paragonabile a quello del maestro. Quando insegnava ai suoi studenti Guo poneva la pratica dello zhanzhuang (stare come un palo) come l’irrinunciabile punto di partenza. Molti studiarono con Guo, ma coloro che poterono giovare completamente dei suoi insegnamenti furono molto pochi. Guo era solito affermare che i "non-appropriati" non potevano imparare e non potevano esser istruiti, e ad ogni modo spesso si autoeliminavano. Vengo dallo stesso villaggio di Guo, che era un mio parente, avevamo un ottimo rapporto d’amicizia, del tipo che intercorre tra un anziano e un giovane. Il maestro apprezzava la mia sagacia e pur essendo vecchio e morente m’insegnò instancabilmente e senza remore la sua arte.

Purtroppo le antiche regole di "moralità" non sono sopravvissute fino ai giorni nostri, e le persone ignorano che la meta é straordinariamente vicina perché non la conoscono. I praticanti d’arti marziali, affascinati da ogni sorta di stupidità, non capiscono che la Verità non é in nessun posto se non nelle attività quotidiane; mentre le persone normali non la colgono in alcun modo perché é troppo vicina. Esiste un antico detto che rappresenta quanto sopra " La via (Tao) non evita mai le persone, sono le persone che fanno in modo che la Via (il Tao) le eviti". Personalmente non sono interessato alla gloria, come molte persone a me contemporanee che la continuano a cercare invano con rabbia e astio. Gli individui e i "maestri" che cercano soldi non studiano né si pongono domande, ma plagiano gli antichi scritti riferendosi a questi in modo incompleto e fuorviante. Il loro unico scopo é di procurarsi un modo in cui vivere.

Con pagine volutamente piene di non significati entrano deliberatamente nel "non chiaro"; a volte si esprimono come un miraggio, un atto d’immaginazione, a volte come alte montagne e acque distanti che non sono in alcun modo relazionato e collegate tra loro. Anche il più diligente dei loro studenti finisce inevitabilmente per trovarsi nella nebbia più fitta, non essendo in alcun modo in grado di differenziare il vero dal falso. Molti sono coloro che credono che la Via (Tao) dei saggi non possa esser più ottenuta. Solo le persone avide hanno di che guadagnare da quest’affermazione, che notte dopo notte mi fa disperare per la sua profonda inesattezza.

Come potrà mai la vera Via (Tao) prosperare nuovamente? Sebbene non sia mai stato aggressivo per natura, furtivamente nel mio cuore ho amato la Via del combattimento, e attraverso questa ho trovato un autentico metodo per avvicinare la Verità. Molti degli insegnamenti giornalieri del mio maestro sono stati da me raccolti e raggruppati in questo libro. Spero che alcune di queste istruzioni possano essere di beneficio a me stesso e agli altri. Non oso essere egoista, spero quindi vivamente che tutti coloro che inseguono i miei stessi obiettivi traggano vantaggio da questo scritto. Non pubblico tutto ciò senza queste autentiche attese.

Questa é la mia prefazione.
18° Anno della Repubblica della China (Settembre 1928)
Wang Yuseng della provincia di Shenxian"

domenica 27 gennaio 2008

Zhan Zhuang (站桩) - K. Foxx (3 di 3)

Andiamo alla connessione asiatica. Qualcuno, il cui nome non sapremo mai, e che comunque non abbiamo bisogno di sapere, ha capito quello che io ho analizzato qui e lo ha trasformato in esercizio: la forza innata, quando coordinata dallo sviluppo di questa sotto lo stress generale di una posizione in piedi che gli permetta di essere autoregolante, diventa più potente.

Più tardi, questo esercizio iniziò ad acquisire un certo quantitativo di formalità, come metodo di insegnamento. Wang Xiangzhai, il fondatore dello stile naturale di Xingyi, per esempio, ha basto un intero sistema marziale, con una modifica veramente minima, su questo concetto chiamato Ta Cheng, che significa "grande risultato". Il metodo di insegnamento arrivò ad includere il significato esoterico (quanto meno se ne sa, tanto meglio) e una serie di nomi in modo che, quando qualcuno chiedesse che cosa stava facendo, glielo si poteva dire. Il nome che sembra sia spuntato fuori è Zhan zhuang, che significa "stare in piedi saldamente" (letteralmente, "stare eretti come un palo che è stato conficcato nel suolo"). E' anche chiamato Zhan Li, che significa fondamento saldo. C'è anche chi l'ha chiamato "saldezza universale".

Virtualmente tutti i sistemi di lavoro marziale hanno una sorta di esercizi di introduzione e di condizionamento, che sono eseguiti da una posizione ferma, una di quelle che i principianti odiano fare è la cosiddetta posizione del cavaliere (tendo a credere che sia chiamata posizione del cavaliere non per il fatto che le gambe sono separate nella posizione di essere sulla schiena di un cavallo, ma a causa del continuo movimento di flessione dei muscoli delle gambe che è richiesto per sostenere la posizione, che porta il corpo a cavalcare su e giù, come sulla groppa di un cavallo). In ogni caso, la maggior parte degli studenti tende a non dare a quest’esercizio l'importanza che merita perché la maggior parte degli insegnanti passano rapidamente da questo a esercizi che gli studenti preferiscono, o ancora tendono a porre troppa enfasi sul fatto di sviluppare le gambe.

Come la costruzione di una casa solida, di una vita stabile, il buon Gongfu ha bisogno di una base forte, una base o una radice su cui crescere e a cui tornare per un riferimento di guida. Se manca questa fondazione, allora tutto sarà debole.

Zhan zhuang, o stare solidamente, è un esercizio che costruisce la fondazione necessaria in cui tutti gli interni sono carenti. Costruisce anche l'abilità intuitiva di distinguere fra una pratica benefica, che sviluppa le risposte della vita innata e la loro unione, dalla pratica vuota, che è praticamente solo gesto e mimo immaginario.

Zhan zhuang è in principio un metodo di ordinamento, di induzione alla relazionalità coordinata e ordinata fra la respirazione, la mente e le sue percezioni, e lo spirito per rispondere, mettendo in ordine la vostra posizione cosicché ogni movimento diventa semplicemente un’espressione consolidata della dinamica interna funzionante, piuttosto che solamente un guazzabuglio di segmenti del corpo disuniti e le loro energie.

Zhan zhuang è costruire la migliore posizione e di trovarla intuitivamente. La migliore è quella in cui i segmenti del corpo sono bilanciati in una posizione di massimo supporto con il minore sforzo. Idealmente, la vostra posizione deve essere fermamente supportata dalle ossa piuttosto che dai muscoli. Il vostro stare eretti deve essere così delicatamente bilanciato, che sarete capaci di muovervi con un minimo di aggiustamento quando disturbati, e ugualmente abili di ricostruire questo equilibrio da soli. Capaci di muovervi con il minimo degli sforzi significa il massimo dell'efficienza. Con le ossa che portano la maggior parte del peso, i vostri muscoli saranno liberi di concentrarsi sul come muovere più velocemente il corpo e sul come mettere più "effetto frusta" nel vostro "lancio di energia" marziale.

Zhan zhuang allo stesso modo coltiva uno stato di presenza che non impedisce né le funzioni fisiologiche normali né impone o impianta una manipolazione anormale dei normali processi di biofeedback.

Come lo Zazen (la meditazione Zen seduta), Zhan zhuang è, né più né meno, attenzione al presente; incontrarsi con le cose così come sono piuttosto che come voi pensate dovrebbero essere. Come lo Zazen, vi ponete in una posizione, il corpo eretto, semplicemente e saldamente bilanciato, con la vostra schiena diritta. Comunque, dal momento che il Zhan zhuang usa una posizione eretta coordinata, ne risulta una migliore integrazione fra tutte le parti del corpo, specialmente fra le gambe e le mani.

Zhan zhuang può essere accuratamente definito come un esercizio interno e naturale. E' interno, in quanto il suo metodo di movimento si origina dal controllo dinamico di un essere vivente. Può essere chiamato a pieno diritto naturale in quanto accetta e rimane nei principi del mutamento, le regole della natura che noi oggi chiamiamo fisica.
Enigmaticamente, Zhan zhuang può essere definito una forma dentro la forma e una forma senza forma, un’espressione di linguaggio spaziale universale.

Khan Foxx

venerdì 25 gennaio 2008

Zhan Zhuang (站桩) - K. Foxx (2 di 3)

La potenza interna deriva dall’armonia accumulata di tutte le vostre parti e delle forze inerenti alle loro strutture, che sono capaci di lavorare insieme come un’unica entità unita. Essere colpiti da un blocco di ghiaccio, ad esempio, causerà un bel po' di danno in più che non essere colpiti da un sacco sciolto di gelatina, anche se entrambi sono fatti principalmente d'acqua. La differenza sta nel fatto che il ghiaccio è più consolidato.

Se appropriatamente allineato, l'intero corpo può essere fatto piegare come una unità singola (analogamente allo scoppio di una granata). Con la pratica potete imparare a rilasciare un largo "lancio" balistico attraverso il vostro intero corpo con una veloce flessione, iniziata da qualsiasi parte, ma recuperata dall'intero corpo, molto similmente ad un cavallo che trema e vibra per mandare via una mosca, o come fareste voi per respingere il freddo.

Quando le vostre azioni marziali possono essere compiute con la stessa facilità dei movimenti quotidiani come questi, allora la vostra abilità sarà senza metodo. E' quindi meglio che il vostro potenziale marziale non sia palleggiato attraverso tutto il vostro corpo, come tanta carne da mettere in mostra, ma rimanga naturalmente nascosta nella vostra anatomia e nei vostri riflessi, pronta quando ne avete bisogno. Imparare a muoversi come un’unità intera è la chiave per imparare questa specie di abilità.

Ma come fare in modo che tutte queste risposte intrinseche funzionino armonicamente a vostro vantaggio? Tutto quello di cui avete bisogno è di allenarvi regolarmente in una posizione eretta stabile, strutturalmente solida, anatomicamente corretta, dinamicamente bilanciata, mentre allo stesso tempo restate in uno stato di grande attenzione in modo da poter cogliere meglio le forze che cambiano e influenzano all'interno il vostro corpo e reagiscono ad esse armonicamente di conseguenza. Se ponete la vostra mente al posto giusto mentre state in piedi, il vostro corpo si prenderà cura di se stesso da solo.

Vedete, il corpo si è sviluppato per essere un sistema autoregolato, autopreservante e autodifeso che funziona meglio nella posizione in piedi, in alto. A causa della continua pressione di gravità, il corpo ha sviluppato il suo efficiente meccanismo anti-gravità, che si aggiusta controbilanciandosi con aggiustamenti riflessi. In altre parole, la posizione in piedi si mantiene da sola, e il corpo sa qual è l'estremità in alto. Per tutto il tempo in cui un individuo è in piedi, è richiesto un naturale livello di tensione per mantenerlo. C'è un continuo tendere e rilassare i muscoli antagonisti insieme contemporaneamente con lo scopo di mantenere il corpo in piedi e in una posizione di comando. Da qui, stare in piedi è un esercizio in se stesso.

Dal momento che tutto, dai sistemi alle strutture del corpo, è interrelato funzionalmente, stare in piedi mette insieme tutto questo per lavorare allo scopo comune: stare in piedi. Quanto più spesso lo fate, tanto migliori diventerete. Una mancanza di comunicazione fra una di queste parti trasferisce i suoi effetti sull'altra. Quindi la reciprocità funzionale, l'armonia reciproca delle parti del corpo scende lungo il "tubo". Sviluppare armonia all'interno vi permetterà di raggiungere armonia all'esterno (assomiglia al tema centrale della vita o no?).

Lo stare in piedi coordinato sviluppa il sistema nervoso centrale e periferico, modifica precedenti maniere di pensare e sentire, e, in cambio, un’alterata coscienza può alterare le funzioni interne e comportamentali.

Quando la posizione del corpo è strutturalmente in ordine, ciò aiuta, ma non interferisce con il miglior funzionamento dell'ordine fisiologico del corpo. Senza lo sviluppo di buoni rapporti fisiologici, non vi è né salute né il potenziale per un'arte marziale. Quando la cosa è perfezionata, questa posizione in piedi coordinata è facile da mantenere, perché la maggior parte del peso è supportato dalle ossa e non dai muscoli - che possono facilmente tenere il peso del corpo se sono correttamente allineate. I muscoli devono solo tendersi e rilassarsi ritmicamente per rendere stabile la posizione e correggere le deviazioni.

Come risultato, le ossa diventeranno più forti, mentre i muscoli, dal momento che sono sottoposti ad una tensione dinamica continua, diventeranno altamente elastici.
Senza lo sviluppo di una buona relazione cinematica, la vostra abilità marziale dovrà basarsi soltanto sulla forza brutale per arrivare agli scopi prefissi. Quindi, nel prosieguo della pratica, l'utilizzo di movimenti che necessitano di un’eccessiva forza muscolare, piuttosto che quelli che utilizzano la forza innata del disegno umano, svilupperà una mentalità che tende a rispondere nella vita con la stessa bruta forza fisica. Il modo in cui una persona pratica influenza le reazioni nella vita.

(continua)

mercoledì 23 gennaio 2008

Zhan Zhuang (站桩) - K. Foxx (1 di 3)


Quando penso che ho imparato l'inglese traducendo articoli di Inside Kung Fu negli anni '70, mi viene un po' da ridere. Rileggendo oggi questi articoli, mi rendo conto di quanto sia necessario avere gli "occhiali" giusti per capire a fondo il significato delle parole, specie nelle arti marziali.

ZHAN ZHUANG, UN METODO D’ORDINAMENTO DELLE DINAMICHE INTERNE

(di Khan Foxx)

Cos'è il Gongfu "interno"? Per la maggior parte degli entusiasti degli esercizi marziali significa allenarsi regolarmente in una serie di movimenti formali, che si suppone sbocchino in uno "sviluppo interno". Da qui questi ricercatori dell'interno iniziano con certi sistemi di esercizi marziali come il Taijiquan Yang, il Taijiquan Wu, lo Xingyi di Sun Lu-tang, il Liuhebafa di Chen Hsi-i, o l'Aikido di Ueshiba.

Generalmente, dopo aver speso un certo tempo con uno di questi sistemi, la maggior parte degli studenti comincia a deviare verso un altro stile, perché sentono che hanno bisogno di qualcosa "di più". Non di rado finiscono con una specie di "zuppa" di Gongfu.

Il problema che la maggior parte degli studenti non si pone è questo: "Questi sono o no esercizi interni?". La risposta è no, non realmente, sono prima di tutto esercizi marziali. Effettivamente non sono altro che un sommario di tutte le applicazioni tecniche importanti di un tema più centrale di principi interni che sono stati coreografati dai signori Yang, Wu, Chen, Sun, Ueshiba, e altri, tagliati su misura per i loro tipi di corpo e di carattere che soddisfaceva personalmente e individualmente il loro proprio ego.

D'accordo, allora cosa manca? Semplicemente questi studenti "vaganti" non sono mai arrivati alla parte dello sviluppo interno. Lo scopo qui non è di contare quanti sono i sistemi interni (in realtà, uno solamente), o qual'è il migliore, il più antico, quello che possiede più variazioni tecniche, che è più letale (tutti lo sono) o quale deriva direttamente da un prete taoista di grande reputazione e fama. Tutti questi maestri di fama erano bravi nel fare la stessa cosa, a prescindere da cosa sembrasse superficialmente; tutti avevano sviluppato la stessa forza basata sull'interno.

Cosa significa "interno"? Solo questo: esistono certi tipi di movimento di risposta che voi avete fatto senza sapere nulla degli antichi, arcani esercizi o delle loro filosofie. Sono modi di risposta che sono inerenti alle forze e alla dinamica della vostra anatomia e fisiologia, modi che sono presenti alla nascita e che quindi esistono senza alcun altro studio. Meglio possono essere definiti "innati", aggiustamenti riflessi che funzionano costantemente per tenere ogni cosa in un ordine bilanciato. Tipiche manifestazioni di questo sono la respirazione, il battito delle ciglia, tossire, scrollare le spalle, indietreggiare, rabbrividire, portare l'attenzione su qualcosa che cambia improvvisamente, i riflessi correttori che mantengono la testa eretta, l'alternanza di mani e piedi nel camminare, e ritirarsi davanti al dolore (ricordate l'ultima volta che vi siete bruciati? Dov'era andato a finire tutto quel "Gongfu del Dragone che ascolta con orecchie d'argento" che avete praticato per gli ultimi cinque anni?)

Allora come si possono sviluppare queste risposte intrinseche? Coltivando le armonie reciproche. Armonia è una di quelle parole bisbigliate degli esercizi marziali che si sentono spesso, ma si capiscono poco. Possiamo sentire, per esempio, che questi e questi movimenti sono in armonia con il suo spirito, o che manca di armonia con la natura, o che i suoi movimenti sono in armonia con quelli di qualcun altro. La coltivazione dell'armonia ha a che fare con la coordinazione attiva dei rapporti delle cose, coordinandole nella maniera in cui stanno in accordo bene e lavorano bene insieme.

(continua)

lunedì 21 gennaio 2008

Baguazhang, le 8 fasi del training

Secondo quanto tramandato da Wang Shujin, allievo di Zhan Zhaodong.

1. Postura del Palo (Zhan Zhuang)

2. Pratica dei singoli movimenti (Dan Lian) da soli e con partner, insieme ad esercizi di stretching e di potenziamento

3. Camminare in cerchio mantenendo posture statiche di braccia (Ba Da Zhang)

4. Palmo Continuo a passi fissi (Lian Huan Zhang) – otto palmi destinati ad allenare le otto energie/forze/tecniche di base

5. Palmo del Drago che Nuota (Long Xing You Shen Zhang), sequenza a passi fluidi, veloce, continua – l’idea è che dal molto semplice di passa al molto complesso, aggiungendo complessità ad ogni cambio

6. “Mani che spingono” del Baguazhang (Ru Shou)

7. Applicazioni, con particolare accento sullo sparring libero e sul combattimento (San Shou)

8. Uso delle armi

Les Rencontres Jasnières 2008


Nel 1990 la mia pratica marziale conobbe un cambio radicale di direzione, una svolta epocale. Dal mio ritorno dopo il servizio militare, dove da istruttore avevo insegnato arti marziali cinesi esterne anche ai miei commilitoni, decisi che avrei dedicato la mia ricerca alle arti marzial cinesi interne, al Nei Jia Chuan.
Fu così che, armato del mio bagaglio di Baguazhang, del "Tao dei Taijiquan" di Jou Tsung Hwa e di tanta passione, mi misi in cerca di persone con cui condividere la ricerca e che mi indirizzassero verso le profondità di una buona pratica.
Il primo nuovo compagno fu Yves Kieffer, conosciuto a Tortona durante un seminario di Wing Chung. Grazie a lui scoprii che in Francia, in quella magica regione che è la Sarthe, a Marçon, da qualche anno si teneva un incontro ogni ultimo fine settimana di luglio.
Tutto era organizzato da un francese, Serge Dreyer, che a Taiwan insegna Taijiquan ai cinesi ed è un campione di Tui Shou! Rimasi molto colpito da questa cosa e a fine luglio presi il treno per Chateau du Loire.
Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. Da 21 anni i Rencontres Jasnières affascinano e richiamano centinaia di partecipanti. Ho ancora davanti agli occhi la quantità di praticanti, di maestri, di personalità che ho conosciuto.
Per almeno cinque anni di fila ho insegnato Baguazhang, Yiquan, Qigong ai Rencontres Jasnières, e sempre con estremo piacere, in mezzo a persone di tutto il mondo, ho imparato moltissime cose sulle arti marziali da maestri di ogni livello.
Quattro ore al mattino di corsi, altre quattro ore di Tui Shou libero nel pomeriggio, e serate intorno ad fuoco e ad una bottiglia per i racconti più belli che abbia mai sentito.
Da anni manco a questo appuntamento per cause di lavoro, ma ogni anno mi riprometto di andarci. Ne vale assolutamente la pena. Il costo è irrisorio, si campeggia sulle rive di un lago in tenda, e sono tre giorni pieni di entusiasmo, di scoperte e di crescita personale. Se vi va di mettervi alla prova con un mondo di belle persone, seguire il link di Rencontres Jasnières e sarete soddisfatti, ne sono certo.
Les Rencontres Jasnières, dal 25 al 27 luglio 2008, Marçon (vicino a Chateau du Loire, a metà tra Le Mans e Tours), Francia.

sabato 19 gennaio 2008

Le tre Forme di Wang Shujin (王樹金三掌)

Ho scoperto questo frammento sul Baguazhang di Wang Shujin (王樹金), allievo di Zhan Zhaodong (張兆東), che descrive in maniera chiara la funzione delle tre forme nel Baguazhang. Questa visione riapre il concetto della forma libera, a volte definita come la "Forma del Dragone che Nuota" (per esempio nella scuola Fu), che accomuna da vicino Baguazhang e la danza Jin Wu dell'Yiquan.
Sono informazioni significative, che dovrebbero far riflettere tutti i praticanti che cercano sinceramente una crescita nella loro pratica. Non a caso anche Wang Xiangzhai diceva nella sua intervista (e non solo!) di "ritornare ai principi di base, cambio singolo e cambio doppio" a tutti coloro che vogliono praticare davvero il Baguazhang.


“I cambi di Wang Shujin nella forma Lian Huan Zhang (连换掌, sequenza continua di palmi) servono a costruire le otto principali forze e i principi di base di applicazione del Baguazhang di Wang, e non tanto come tecniche definitive da usare direttamente. Principalmente questo avviene attraverso il cambio singolo e doppio di palmo, che sono i principi di base delle applicazioni di Bagua.

Personalmente non prenderei nessuna delle forme come applicazioni letterali, e cerco di fare questo anche nel Taijiquan, al contrario di molti miei amici di Taiji. Le forme non funzionano necessariamente così come sono. Wang Shujin intendeva ognuna di queste come mezzo per allenare una forza specifica e, nella seconda sequenza, You Shen Zhang (游身掌, sequenza del Drago che Nuota), possiamo esplorare molte maniere in cui le forze possono venire combinate. You Shen Zhang è considerata la “forma in movimento” (活架子, huo jiazi) a differenza della “forma fissa” dei palmi continui (定架子, ding jiazi) e della “forma libera” di cambio (变架子, bian jiazi).

Neppure la sequenza di You Shen Zhang può comunque esaurire tutte le infinite possibilità. Aiuta piuttosto lo studente lungo il cammino e dà buone linee-guida per capire ciò che è possibile fare. La teoria dello Zhou Yi (周易, Libro delle Mutazioni o Cambiamenti) è estremamente importante, non tanto nel dettaglio, ma nei principi generali, che ci insegnano che il cambiamento continuo sta alla base della nostra abilità nell’adattarci al nostro avversario e dovrebbe essere la base della nostra pratica nell’insieme.

La bellezza del Baguazhang, almeno ad un livello avanzato, è l’abilità del praticante di adattarsi naturalmente e apparentemente senza sforzo all’avversario. Come gli otto trigrammi si combinano per formare esagrammi, allo stesso modo noi usiamole otto forze contenute nella forma continua Lianhuan per produrre combinazioni pratiche nello sparring. L’unico limite sta nella creatività, nell’esperienza e nella ingenuità del singolo praticante. Ho la sensazione che questi principi siano anche decisamente applicabili alle situazioni della vita quotidiana, ai conflitti, alle decisioni e così via".

PD, 12.02.2000

Tai Chi Caledonia 2008


Siamo giunti al tredicesimo anno, ed è sempre più bello. Taichi Caledonia è un appuntamento imperdibile per chi ama il Taijiquan, il Nei Jia in generale, il Qigong e... stare insieme in allegria!
Da tredici anni Ronnie Robinson e Bob Lowey organizzano questo incontro internazionale di praticanti e maestri, che ha il grande pregio di mettere tutti sullo stesso livello e facilita quindi scambi di conoscenze, amicizia e divertimento. A Taichi Caledonia ho fatto Tui-Shou con William C.C. Chen con la stessa facilità con cui ho potuto parlare di Nei Gong del Taiji con Dan Docherty o discutere delle forme di Baguazhang di Sun Lutang con Li Faye Yip, nipote dei uno dei suoi più famosi allievi.
Aperto a tutti, è un'esperienza magica. Con pochi euro si vola da Bergamo a Glasgow (per chi abita al nord) e con qualche euro di più si può trascorrere l'intera settimana o solo il fine settimana. Arrichisce l'esperienza e apre la mente, posso garantirlo. Se non conoscete nessuno, è ancora più bello, perchè si torna a casa con l'agenda piena di idee e di nuovi contatti.
Tai Chi Caledonia, dall'11 al 18 luglio 2008, nel campus universitario di Stirling, Scozia, sotto il Wallace Memorial. Otto ore al giorno di pratica assicurate, oppure si può oziare, a scelta. Per maggiori informazioni cliccate il link o scrivetemi.

martedì 15 gennaio 2008

Baguazhang secondo Wang Xiangzhai (王薌齋)

“Ho sentito dire spesso che Xing Yi, Taiji, Ba Gua e Tong Bei sono stili interni, ma poiché non so che origine abbiano le definizioni «interno» ed «esterno», preferisco non commentare. Tuttavia, osservando i famosi maestri del passato, possiamo cogliere una parte del quadro d'insieme.

Il Ba Gua, in origine, si chiamava «Chuan Zhang». In gioventù ho incontrato Cheng Tinghua, e ricordo che sembrava un drago celeste, infinitamente mutevole; non credo che nessuno, oggi, sia in grado di raggiungere un simile livello di forza e abilità. Ricordo vagamente Dong Haichuan: in questo caso, è ancora più difficile capire quanto fosse profonda la sua conoscenza della Legge e del Dao.

Liu Fengchun è un mio amico: la sua tecnica è eccellente, ma i risultati sono leggermente inferiori a quelli di Dong; ciò nonostante, chi studia i 64 Palmi o i 72 Calci non può competere con lui. Vorrei che i praticanti del Ba Gua si concentrassero sul chuang zhang singolo e doppio, prestando particolare attenzione alla percezione intuitiva di ogni movimento, facendo del proprio meglio per affinare la tecnica e studiare in profondità la teoria: esercitandosi a lungo, riusciranno a cogliere sempre più la vera essenza di questo stile."

Wang Xiang Zhai

venerdì 11 gennaio 2008

Unità, Integrità








"Smetti di parlare e preserva l'integrità"

Il bello dell'età e dell'esperienza è guardare con serenità all'affannarsi delle cose della vita e sentire che - in parte, anche solo poco - non è più qualcosa che ci appartiene.

Credo profondamente che l'Unità, l'integrità di Corpo, Mente e Spirito sia la base di ogni arte marziale, della Vita stessa, e al contempo il più grande raggiungimento della nostra esistenza.

Difficile spiegare cosa sia questa Unità, ma Gandhi aiuta:

"Quando ciò che penso,
ciò che dico
e ciò che faccio
sono in armonia,
allora sono felice"

La Felicità fa parte dei valori delle Arti Marziali, anche se spesso non lo sappiamo.
Senza Felicità, non c'è crescita.
Ecco cosa intendo per Unità.

Jou Tsung-Hwa, maestro di Taijiquan (2 di 2)

Jou, a dispetto di tutto e di tutti ha continuato sempre a guardare verso i classici del Taijiquan come alla sua personale stella polare, e con l’esperienza maturata instancabilmente nell’arco di anni – come scrive nei suoi libri – era arrivato anche a spiegare – alla sua maniera, geniale e innovativa - come rientrassero nel Taiji i 5 elementi e gli 8 trigrammi, due pilastri della cultura, della medicina e della tradizione marziale cinese.

L’elemento caratteristico che ha sempre contraddistinto Master Jou è stato il brillare dei suoi occhi, che ricordavano gli ultimi grandi guerrieri. Vitalità, shen appunto come scriveva, quello era l’ultimo obbiettivo di una vita dedicata all’arte, il più alto grado di manifestazione dell’energia.

Un esempio per tutti: alla fine di una conferenza di due ore, nella quale aveva spiegato con splendidi aforismi tipicamente cinesi e con battute di un umorismo surreale ma efficacissimo, Master Jou improvvisamente chiedeva al suo pubblico perché lui, a 81 anni, era ancora bello diritto sulla sua sedia nonostante l’età, e invece noi eravamo accasciati, sdraiati, contorti sulle sedie. Come potevamo noi dire di studiare un’arte marziale se poi non eravamo capaci neppure di controllare la nostra posizione? Inutile descrivere l’imbarazzo generale. Ma il messaggio era arrivato. “Common sense” ripeteva “ è solo una questione di buon senso, tutti possono capirlo”. E rideva divertito.

Una breve nota personale. Nel 1986, dopo quasi dieci anni di pratica marziale, mi sono imbattuto casualmente nel “Tao del Tai Chi Chuan”. Da allora per me è iniziato un cambiamento profondo, radicale nella mia pratica e, logicamente, nella mia vita. Conoscere l’autore di questo libro, che nel corso di quest’ultimo decennio mi ha accompagnato costantemente nella pratica - insieme solo al “Libro dei cinque anelli” di Musashi - era rimasto un desiderio nel cassetto.

L’ho incontrato negli Stati Uniti poco prima della sua scomparsa, ed è stata un’esperienza forte, come è facile desumere da queste righe. Dimostrando il senso delle sue affermazioni davanti ad alcuni amici e colleghi, Jou mi ha usato come partner per una dimostrazione. Ho sentito il mio baricentro saltare per aria e svolazzare all’indietro di qualche metro come conseguenza di un suo spostamento, mentre lui nel frattempo già badava ad altre cose. La fludità del movimento era stata totale, morbida ma efficace, come nei Classici.

Anche Alberto Pingitore, collega di Taijiquan di Grosseto, il primo ad invitare Jou Tsung Hwa in Italia, lo ha sempre descritto come persona realmente instancabile. Dopo il viaggio da New York a Roma e altre ore di viaggio in auto, Jou sembrava comunque desideroso di insegnare subito: in palestra la sera stessa ha dato prova più volte del suo “fajing furioso” e per tre ore ha tenuto lezione, concludendo il seminario con un giochino che amava fare spesso: saltare a gambe unite per cinque minuti e alla fine verificare lo stato della respirazione. Invariabilmente il suo battito cardiaco era basso e regolare, il respiro lento, mentre gli altri ansimavano.

Inossidabile, anche a settantasei anni. Ricorda Alberto: “Ciò che mi ha colpito maggiormente è la grande vitalità che egli sapeva esprimere in ogni suo gesto e poi l’entusiasmo e la grande voglia di dividere con gli altri le sue esperienze più profonde. Inoltre Jou era un uomo molto generoso, io solo so quanto ho dovuto faticare per convincerlo ad accettare il compenso per lo stage che organizzai a Grosseto nel gennaio del 1993:’Sono venuto per il Taiji, non per i soldi’ mi disse sorridendo. In un mondo dove anche le arti marziali si muovono a suon di dollari, master Jou resterà un grande esempio di umiltà e semplicità per quanto hanno avuto la fortuna di conoscerlo e per ogni sincero praticante di Taijiquan. Mi sembra ancora di sentire la frase che ripeteva di frequente nel corso delle sue lezioni: ‘Hard work, hard work, there are no secrets!'"

Jay Dunbar, uno degli allievi più vicini a Jou, ha realizzato già da anni una struttura per aiutare i praticanti di tutte le scuole e di tutte le provenienze a comunicare e condividere l’un l’altro le proprie conoscenze sul Taijiquan. Per Jou questo era un’altra fonte di incoraggiamento, il crescente senso di comunità tra i praticanti di Taiji: “La generosità non ci impoverisce – scrive nel marzo del 1983 – e può aiutare gli altri a fare progressi. Lasciateci aprire per bene vecchie porte e fateci lavorare insieme per una vera società del Taiji”.

Nella sua ultima edizione, che a posteriore sembra quasi un testamento spirituale, l’autore si permette di raccontarci il suo “Author’s Dream”, e lo mette proprio all’inizio del libro.

“E’ stato per lungo tempo il mio sogno che un giorno gli americani di tutte le età, fede e colore pratichino Taijiquan nei parchi di questa nazione come avviene in Cina. Pochi posti al mondo hanno spazi aperti così belli che possono e devono venire usati in modo produttivo e senza alcuna spesa. Il risultato sarebbe un incredibile miglioramento nel benessere mentale e fisico.
Oggi, dopo più di trent’anni nella ricerca dei Taijiquan, comprendo che sta diventando un’arte perduta. E’ la mia speranza che per mezzo di questo libro possiamo lavorare insieme per ridonare vita al Taijiquan”.

Luigi Zanini

giovedì 10 gennaio 2008

Jou Tsung-Hwa, maestro di Taijiquan (1 di 2)

Ho conosciuto Jou Tsung Hwa nell'estate del 1998 a Winchester, in Virginia (USA), dopo aver letto e riletto tante volte il suo classico "Il Tao del Taijiquan". Il suo è stato un libro che mi ha cambiato la pratica marziale e la visione del Nei Jia. Un mese dopo è scomparso. Questo articolo è comparso su "Quaderni d'Oriente".

“Come già ho detto, ho iniziato la pratica del Taijiquan quando avevo 47 anni ed ero molto malato. Comunque non fu che dopo ben 17 anni di seria ricerca e pratica regolare che ho iniziato a comprendere che il Taijiquan non è un normale esercizio. Per praticare il Taijiquan è necessario mettere la mente dentro il movimento e cercare di sviluppare lo spirito di vitalità o shen. La mente, il corpo e lo spirito devono venire combinati in una sola unità. In questa maniera la pratica del Taijiquan permette di fare l’esperienza della profondità della filosofia cinese.”
Era il maggio 1998 quando Jou Tsung Hwa, autore de “Il Tao del Tai Chi Chuan”, uno dei best seller mondiali nella storia delle arti marziali cinesi (tradotto in oltre 5 lingue), scriveva questa prefazione all’ultima edizione del suo testo, che molti tra praticanti, insegnanti e persino maestri di quest’arte considerano ancora oggi la vera e propria “Bibbia del Taijiquan”.
Un mese dopo, nel giugno ’98, Jou apriva ufficialmente a Warwick, nello stato di New York, la sessione estiva della sua celebre “Taiji Farm”, un luogo in mezzo al verde della campagna dedicato alla pratica, all’incontro, allo scambio e all’approfondimento di questa arte della boxe interna.
A luglio ’98 “Master Jou” (come gli amici lo chiamavano con affetto) arrivava in splendida forma – 81 anni - a Winchester, in Virginia, per regalare le sue conferenze e le sue idee, consigli, ammonimenti e incredibili stimoli al popolo di “A Taste of China”, la più importante manifestazione dedicata agli stili interni negli USA ed organizzata da ben 17 anni dall’insegnante statunitense Pat Rice.
E infine il 3 agosto ’98: mentre master Jou si avviava verso la Taiji Farm a bordo della sua vettura, un banale incidente stradale interrompe il suo incredibile cammino – “ogni anno qualcosa di più” ribadiva sovente con un sorriso soddisfatto - e lo ricongiunge all’olimpo dei grandi padri dell’arte.
Master Jou ha rappresentato una delle rare, ultime eccezioni nel mondo delle arti marziali cinesi, in cui cultura, educazione, abilità fisica e instancabile dedizione hanno trovato un terreno particolarmente fertile per svilupparsi e dare vita ad una personalità esuberante e generosa, un Maestro.
Accademico taiwanese – matematico insigne con oltre 30 libri scritti al suo attivo – Jou Tsung Hwa fu spinto in tarda età ad avvicinarsi al Taijiquan per motivi di salute molto gravi, legati al cuore e allo stomaco, non guaribili dalla medicina occidentale. Ben presto i suoi interessi andarono però al di là del semplice metodo di guarigione e salute. Ebbe modo di conoscere – uomo di cultura cinese tra i cinesi - gli ultimi grandi maestri dell’arte, quali Zheng Manquing, Chen Yanlin, Wu Tunan. Ma Jou Tsung Hwa sentiva che non bastava “aderire” ad un insegnamento per crescere, bisognava andare per la propria strada e battere piste nuove, andare alla ricerca autonomamente, con tutti i rischi che questo comportava. E’ così che si dedicò, dopo lo studio dello stile Yang, il più diffuso, allo stile più raccolto di Wujianquan, e infine allo stile Chen classico, il padre di tutti i Taiji, maturando lungo il cammino un rispetto notevole per gli esercizi di respirazione del Qigong, che lui considerava essenziali per la pratica. Nonostante la solidità degli insegnamenti e la reputazione dei maestri con cui aveva potuto scambiare idee e consigli, Jou continuò il suo percorso personale, arrivando a conclusioni rivoluzionarie, muovendo il corpo in un modo che molti puristi considerarono non ortodosso, troppo creativo. Master Jou non se ne curò mai. Scrive nel 1983, alla seconda edizione:
“Non esistono segreti, non esistono informazioni chiave che se rivelate donano immediatamente illuminazione ed esperienza. Se non si fanno progressi, non se ne può fare una colpa all’insegnante, perché nessun insegnante può trasferire la consapevolezza. Se non si ha un insegnante, non fate una priorità assoluta del fatto di trovare quello “giusto”. Nessuno dei miei insegnanti ufficiali è mai stato famoso, e per oltre dieci anni non ho avuto un mio insegnante. In quel tempo ho scoperto il vero, unico segreto: è necessario svilupparsi da soli. Se si continua a dipendere da un insegnante, o si tenta meramente di riprodurre e preservare l’approccio particolare di un insegnante, non si raggiungerà il proprio potenziale più alto. Chiunque voglia andare oltre deve essere disposto a riesaminare i principi classici del Taiji ed intensificare i suoi sforzi nell’incarnare questi principi”.

Luigi Zanini
(continua)

mercoledì 9 gennaio 2008

Combattimento nel Baguazhang










"Il concetto del combattimento del Baguazhang è: mai smettere di spostarsi, mai smettere di cambiare; combinare sempre le qualità di morbido e duro con quelle di interno ed esterno; apparire improvvisamente e scomparire improvvisamente; avvicinarsi rapidamente ed allontanarsi rapidamente; e non scontrarsi mai direttamente con un avversario. Se un movimento sembra difficile, cambia in modo che sia facile; se un movimento comincia diretto, cambialo in modo che venga dal lato e viceversa.”

- Lu Shengli, “Combat Techniques of Taiji, Xingyi, and Bagua”, p. 97.

European Taijiquan Forum 1996


Uno dei più bei ricordi della mia vita marziale. Eravamo all'European Taijiquan Forum nel 1996, nella cornice naturale del Centro d'Ompio sul lago d'Orta.

Da sinistra a destra:
- Serge Dreyer (Francia-Taiwan), maestro di Yang Jia Michuan Taijiquan e creatore dei Rencontres Jasnieres in Francia, i primi incontri liberi di Taijiquan in Europa;
- Luigi Zanini (Italia), maestro di Baguazhang;
- Bob Lowey (Scozia), maestro di Seven Stars Taijiquan, creatore con Ronnie Robinson di Tai Chi Caledonia in Scozia;
- Jean Luc Perrot (Belgio), maestro di Taijiquan;
- Dan Docherty (Scozia-Hong Kong), maestro e caposcuola di Taijiquan stile Wu

Haiku















Finalmente libero, monaco errante,

Oltrepasso la vecchia barriera dello Zen.


La mia è una vita di nuvole e correnti che non lascia traccia.


Di quelle montagne, quale sarà la mia casa?


(Manan, 1591-1654)

domenica 6 gennaio 2008

Compagni di cammino

Il momento più doloroso di un rapporto tra due esseri umani è il distacco.
Al momento del distacco sembra che parole come amicizia, rispetto, onestà, valori siano tutte inutili, false. Ci sentiamo un po' traditi. E' per questo motivo che da anni considero le persone che incontro e che compiono un percorso con me come compagni di cammino.
Strada facendo nella vita, tra palestra, stages, seminari, maestri, compagni di una sola pratica e amicizie longeve, nascono rapporti umani profondi, che riescono a durare anni, a volte persino vite intere.
La cosa straordinaria? Sono rapporti franchi, liberi, onesti, animati da entrambe le parti - in epoca di network diremmo che "si tratta di una rete in cui tutti i nodi sono attivi" - e non hanno alcuna altra velleità se non di raccontarci dove siamo, cosa abbiamo scoperto, di condividere idee, emozioni, esperienze.
Nessun attaccamento, nessun interesse. Quando non c'è più bisogno, non ci si cerca più.
Non che manchino le delusioni. A volte vorremo avere un rapporto intenso e profondo con una persona, ma questa non ricambia, non prova lo stesso sentimento: è capitato anche a me diverse volte, nonostante tutto, ed è tutto assolutamente normale. L'importante è capire il meccanismo ed accettarlo.
L'unica volta che ho sentito parlare di "compani di cammino" - in senso letterale ma non solo - è stato parlando con Marco Superbi, altro compagno di cammino marziale, a proposito del Cammino di Santiago. Tutti sulla stessa strada, tutti profondamente rispettosi di questo impegno: siamo qui ora, qui e ora siamo insieme e viviamo uno accanto all'altro il momento aiutandoci. Dopo, ognuno ha compiuto il suo percorso, non ha più senso cercare quello che non ci può essere. Siamo stati compagni di cammino, tant'è.
Molti anni fa con Yves Kieffer avevamo coniato questo termine di sapore taoista: nel mondo delle arti marziali troviamo ogni tanto dei compagni di cammino che con noi condividono la strada: un pezzettino, un po' di più, tutta intera. Sappiamo che la nostra è una amicizia che ha un inizio e che avrà una fine, non decisa da nessuno se non da noi, liberamente; due linee che per un periodo corrono parallele e poi si separano, in assoluta armonia reciproca, forse per riunirsi più tardi, forse no.
L'idea del compagno di cammino mi ha davvero tolto dalle tante trappole contenute nell'assioma: "siamo amici - non siamo amici" e tutto ciò che questo comporta, anche emotivamente. Mi lascia libero di vedere le cose in prospettiva, con il giusto distacco.
Dai compagni di cammino è nata poi spontanea un'altra idea: il concetto del "debito di riconoscenza" verso i compagni di cammino. E ce ne sono tanti: parenti, allievi, maestri, amici, colleghi e così via. Ognuno di loro mi ha arricchito. Per me è bello pensare di avere dei "debiti" verso le persone che con me hanno condiviso il loro tempo, la loro energia, le loro conoscenze. Mi rende parte attiva di una rete di buoni sentimenti. Mi rende felice e desideroso di condividere il mio tempo, la mia energia, le mie conoscenze.
Ma questo è un'altro post. ;-)

Jiu Gong - I Nove Palazzi (八卦掌九宫)

Jiu Gong significa Nove Palazzi ed è la forma avanzata delle pratiche di spostamento e di passi, una forma evoluta di Da Mu Xing, la Grande Forma Madre, cioè il cerchio del Baguazhang. Jiu Gong è composto da nove pali piantati per terra a forma di quadrato di tre pali per tre, e il praticante deve muoversi all’interno della Foresta di Pali (altro nome di Jiu Gong) ruotando intorno ad ogni palo.

La distanza ideale tra i pali è di circa un metro, ma può variare secondo gli scopi della pratica. All’inizio i movimenti tra i Nove Palazzi seguono uno schema prestabilito di andata e ritorno dal primo al nono palazzo. Successivamente i movimenti diventano liberi, compresa la possibilità di uscire e rientrare con linee rette dalla foresta.

I Nove Palazzi vengono preparati attraverso la pratica della camminata in cerchio classica, Da Mu Xing, e dei due cerchi. Alcune scuole di Baguazhang aggiungono progressivamente più pali (3, 4, 5 ecc.) o addirittura file di pali, fino ad arrivare alla struttura dei Nove Palazzi. Lo scopo è sempre di sviluppare agilità, potenza, velocità negli spostamenti e integrità di postura.

La pratica di Jiu Gong può essere:
- semplice, cioè si entra e si segue solo lo schema degli spostamenti mantenendo la guardia ed eseguendo cambio singolo, doppio e continuo
- complessa, cioè usando per ogni palo uno degli otto Gua, oppure una tecnica diversa
- libera, applicando ad ogni palo una tecnica secondo le necessità dell’allenamento

Le tre modalità di base di Jiu Gong:
- a schivare: entrare come il Falco nella Foresta e compiere tutto il percorso sfiorando e ruotando attorno ai pali
- a colpire: cercare i pali come ipotetici nemici e colpire ad ogni incontro usando tecniche diverse
- alternare le due e usare schivate e colpendo secondo le necessità dell’allenamento

I Nove Palazzi adempiono quindi alle seguenti funzioni:
- allenare un numero sempre crescente di spostamenti, di passi e di cambi di palmo
- perfezionare la velocità e la qualità di cambio di palmo
- inserire l’elemento lineare all’interno dei cerchi
- seguire coscientemente una direzione centrale nel percorso da compiere
- diventare istintivi nei cambi di palmo e continui nel movimento
- fortificare e integrare la qualità del corpo per colpire da ogni posizione
- strutturare bacino, gambe e schiena per una grande presa a terra
- creare la premessa per la Forma del Dragone, cioè la forma “libera” del Baguazhang

giovedì 3 gennaio 2008

Jiu Gong nella neve

Stasera nevica, e nel parchetto dove mi alleno era bellissimo praticare Jiu Gong (Nove Palazzi) slittando sulla neve!
E' una ardua prova di equilibrio e di memoria: i Nove Palazzi sono solo immaginari, li calpesti nella neve e poi scompaiono.
Ma è stupendo muoversi velocemente dentro e fuori da ogni Palazzo con una tecnica che cambia, con un nuovo equilibrio, con agilità e centratura.
Le gambe supportano il bacino, la schiena supporta le braccia, il centro della testa sospesa controlla come un generale.
Grande lavoro del corpo, ma anche grande soddisfazione. Alla fine le anche e la schiena sono felici di fermarsi un momento per osservare il disegno nella neve.
Restano solo le tracce delle traiettorie dei piedi che sono andati e tornati decine e decine di volte da ogni Palazzo, lasciando uno scia dritta.
Quando sono triste, penso alla bellezza della pratica dei Nove Palazzi, e ogni tristezza se ne va. Non c'è tempo per guardarsi indietro e per portarsi dietro ricordi.
Questa è l'arte dei Nove Palazzi del Baguazhang.

mercoledì 2 gennaio 2008

穿 Chuan: bucare

穿Chuan

Teoria

Chuan significa bucare, penetrare attraverso qualcosa, e rappresenta l’idea di trovare un varco ed entrare. “Infila l’ago dovunque c’è spazio”, si dice, non bisogna perdere neppure un’opportunità in combattimento. Chuan, nel Baguazhang, significa infilarsi nelle fessure del nemico, cogliere il momento opportuno per usare uno dei metodi di mano per attaccare. Il palmo che buca è come una freccia scoccata che lascia l’arco. Istantaneamente la mano dietro, con il palmo dritto, esce direttamente da sotto il gomito anteriore. Il palmo che buca è la quintessenza del combattimento del Baguazhang. Negli antichi manuali del Baguazhang si dice insistentemente: “Gli esperti temono tre palmi che bucano”, cioè una sequenza rapida di tre palmi. Il palmo che buca si divide in palmo penetrante superiore, inferiore, frontale e posteriore (detto anche il palmo penetrante rovescio). “Il Buon Vento Buca le Maniche (nome di una tecnica) usa ‘tre palmi che bucano’. Il metodo dei passi dei tre palmi che bucano è una trasmissione di conoscenza autentica del Baguazhang”. E’ evidente che imparare i ‘tre palmi che bucano’ è molto importante.

Tecnica

Questa tecnica si basa sul cambio di passo, sul cambio di forma e sul cambio continuo di posizione del corpo. La mano dietro buca usando la mano davanti come guida. Dovete essere sicuri che sia incollata al gomito mentre si muove in avanti. Gli antichi manuali dicono: “Quando buchi, il palmo dritto è appiccicato al gomito mentre si muove in avanti. La spalla posteriore cambia posizione per diventare quella anteriore. Non devi essere lontano e non devi avere esitazioni. Il tuo piede entra nel suo bacino (genitali) ed questo è il criterio”. Quando si pratica il palmo che buca, usate la spalla per spingere il gomito, e usate il gomito per spingere il polso, e infine il polso per spingere il palmo. Le due spalle cambiano mutualmente. Il piede che entra nell’area del bacino (genitali) dimostra il vostro terrificante potere. La tecnica del “Falco che entra nella foresta” illustra questa tecnica.

(tratto da: “Una semplice spiegazione dei 16 Caratteri Segreti del Baguazhang”, di Wu Yue, tradotto dal cinese da Joseph Crandall)

Metodi

Ogni arte marziale che funziona sul campo di battaglia è il risultato della perfetta sincronia ed armonia di diversi elementi. Ecco un percorso di crescita generale di un'arte marziale cinese.

1. Se il corpo non ha ancora acquisito le qualità necessarie per il combattimento (forza, resistenza, flessibilità, fiato, ecc.) occorre svilupparle con esercizi fisici specifici. Negli Stili Interni (Nei Jia) si usano metodi molto interessanti, integrati nella pratica marziale.

2. Quando pratichiamo la forma (Lu) stiamo eseguendo una "enciclopedia", una sequenza di movimenti che qualcuno prima di noi ha codificato. Si tratta di un promemoria, non dell'arte marziale, ricordiamolo. Buono per fare spettacolo e forse per ricordare le tecniche.

3. Per comprendere il senso pratico, l'applicazione della forma dobbiamo capire e utilizzare concretamente le singole tecniche. Questa fase è molto importante, più della forma. Qui non può mancare la trasmissione orale dell'insegnante.

4. Per mettere in pratica le tecniche si sviluppano esercizi a coppia (sparring), prima secondo sequenze preordinate (drills), poi libere, e infine aggiungendo tutti i diversi componenti (spinta, colpo, calcio, spazzata, gomiti, ginocchia, ecc.). Questa fase è ancora più importante della precedente, ma viene dopo le altre. Senza un buon maestro non c'è crescita. Costituisce almeno il 50% della pratica.

5. Quando il bagaglio tecnico è sufficientemente solido, il corpo temprato e l'occhio allenato, si passa al combattimento libero (sparring tecnico o libero), gestito per gradi e con più partner possibili, sia del proprio sistema marziale che di altri.

Questo è vero per tutte le arti di combattimento.

Gli stili interni (Nei Jia) hanno sviluppato modalità specifiche molto interessanti e uniche per ogni stile. Le vedremo nei prossimi post.