giovedì 3 marzo 2011
Molti maestri, una sola strada
La vita è un fare e disfare valigie per prepararsi per il prossimo viaggio, ed ogni viaggio è un maestro nuovo che arriva e un pregiudizio vecchio che si dissolve. E' questa dimensione di instabilità del viaggio, con le sue incognite e le sue scoperte, che fa sentire l'uomo vivo e gli dice: stai pronto, le cose cambiano, nulla è stabile e fissato per sempre.
Rileggo pagine di grandi insegnanti, come per esempio il grande Kenji Tokitsu, con il quale ho praticato seppure brevemente, e trovo straordinarie le sue pagine sull'arte del combattere. Arriva su questo blog una richiesta di informazioni, e trovo eccellente l'onestà intellettuale di questa persona. Mi chiama un allievo dopo qualche mese di silenzio, e trovo grandiosa la sua forza d'animo che lo risospinge verso questi lidi.
Da giovane non credevo che avrei trovato significato nella meditazione, ed oggi la porto con me dovunque vado e la riscopro continuamente. Siamo ai primi di marzo, e la neve torna a dirci che la primavera è ancora lontana. Parto per la Scozia e non è una partenza ma un ritorno, il mio spirito è pronto ad immergersi in un tempo senza tempo, dove ogni incontro è un evento fuori dall'ordinario, pur essendo del tutto normale.
La vita è una strada, è una sola quella che ci è concessa con questo corpo, ma ogni incontro, ogni interazione con altri esseri, umani e non, può essere un momento di illuminazione, ci permette di capire che esistono altre dimensioni e possiamo andare oltre. Quando si guarda alla vita in questo modo - il che non è così sovente, sono rari momenti di chiarezza mentale - capiamo in maniera profonda e inequivocabile che molti sono i maestri, ma che la strada è una sola: la nostra. Non mi dire chi è il tuo maestro, dimmi chi sei tu.
Prendiamoci la responsabilità di fare della nostra vita un piccolo capovaloro, comunque di farne il meglio che possiamo facendola vera: "vivi una vita che ti rispecchi", diceva il maestro di yoga a Terzani, trovo che sia il migliore augurio che una persona si possa fare. Che la vita diventi lo specchio in cui guardarci, e quando ci sentiamo soli, non all'altezza, impreparati, allora vale la pena di prendere in mano il proprio fagotto e rimetterci in cammino.
Noi non siamo i nostri maestri. La dipendenza ci preclude la nostra strada. La cura, come l'apprendimento, sono fasi che devono avere un inizio e una fine, poi sta a noi, e solamente a noi, di sviluppare quello che abbiamo imparato. Togliamoci le stampelle. Noi creiamo la nostra strada giorno per giorno. Senza paura, senza pregiudizi, costruiamo una via che ci rispecchi. Il premio di tutto questo lavoro? Esserci stati. E magari esserci divertiti pure.
Un abbraccio
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