giovedì 10 gennaio 2008

Jou Tsung-Hwa, maestro di Taijiquan (1 di 2)

Ho conosciuto Jou Tsung Hwa nell'estate del 1998 a Winchester, in Virginia (USA), dopo aver letto e riletto tante volte il suo classico "Il Tao del Taijiquan". Il suo è stato un libro che mi ha cambiato la pratica marziale e la visione del Nei Jia. Un mese dopo è scomparso. Questo articolo è comparso su "Quaderni d'Oriente".

“Come già ho detto, ho iniziato la pratica del Taijiquan quando avevo 47 anni ed ero molto malato. Comunque non fu che dopo ben 17 anni di seria ricerca e pratica regolare che ho iniziato a comprendere che il Taijiquan non è un normale esercizio. Per praticare il Taijiquan è necessario mettere la mente dentro il movimento e cercare di sviluppare lo spirito di vitalità o shen. La mente, il corpo e lo spirito devono venire combinati in una sola unità. In questa maniera la pratica del Taijiquan permette di fare l’esperienza della profondità della filosofia cinese.”
Era il maggio 1998 quando Jou Tsung Hwa, autore de “Il Tao del Tai Chi Chuan”, uno dei best seller mondiali nella storia delle arti marziali cinesi (tradotto in oltre 5 lingue), scriveva questa prefazione all’ultima edizione del suo testo, che molti tra praticanti, insegnanti e persino maestri di quest’arte considerano ancora oggi la vera e propria “Bibbia del Taijiquan”.
Un mese dopo, nel giugno ’98, Jou apriva ufficialmente a Warwick, nello stato di New York, la sessione estiva della sua celebre “Taiji Farm”, un luogo in mezzo al verde della campagna dedicato alla pratica, all’incontro, allo scambio e all’approfondimento di questa arte della boxe interna.
A luglio ’98 “Master Jou” (come gli amici lo chiamavano con affetto) arrivava in splendida forma – 81 anni - a Winchester, in Virginia, per regalare le sue conferenze e le sue idee, consigli, ammonimenti e incredibili stimoli al popolo di “A Taste of China”, la più importante manifestazione dedicata agli stili interni negli USA ed organizzata da ben 17 anni dall’insegnante statunitense Pat Rice.
E infine il 3 agosto ’98: mentre master Jou si avviava verso la Taiji Farm a bordo della sua vettura, un banale incidente stradale interrompe il suo incredibile cammino – “ogni anno qualcosa di più” ribadiva sovente con un sorriso soddisfatto - e lo ricongiunge all’olimpo dei grandi padri dell’arte.
Master Jou ha rappresentato una delle rare, ultime eccezioni nel mondo delle arti marziali cinesi, in cui cultura, educazione, abilità fisica e instancabile dedizione hanno trovato un terreno particolarmente fertile per svilupparsi e dare vita ad una personalità esuberante e generosa, un Maestro.
Accademico taiwanese – matematico insigne con oltre 30 libri scritti al suo attivo – Jou Tsung Hwa fu spinto in tarda età ad avvicinarsi al Taijiquan per motivi di salute molto gravi, legati al cuore e allo stomaco, non guaribili dalla medicina occidentale. Ben presto i suoi interessi andarono però al di là del semplice metodo di guarigione e salute. Ebbe modo di conoscere – uomo di cultura cinese tra i cinesi - gli ultimi grandi maestri dell’arte, quali Zheng Manquing, Chen Yanlin, Wu Tunan. Ma Jou Tsung Hwa sentiva che non bastava “aderire” ad un insegnamento per crescere, bisognava andare per la propria strada e battere piste nuove, andare alla ricerca autonomamente, con tutti i rischi che questo comportava. E’ così che si dedicò, dopo lo studio dello stile Yang, il più diffuso, allo stile più raccolto di Wujianquan, e infine allo stile Chen classico, il padre di tutti i Taiji, maturando lungo il cammino un rispetto notevole per gli esercizi di respirazione del Qigong, che lui considerava essenziali per la pratica. Nonostante la solidità degli insegnamenti e la reputazione dei maestri con cui aveva potuto scambiare idee e consigli, Jou continuò il suo percorso personale, arrivando a conclusioni rivoluzionarie, muovendo il corpo in un modo che molti puristi considerarono non ortodosso, troppo creativo. Master Jou non se ne curò mai. Scrive nel 1983, alla seconda edizione:
“Non esistono segreti, non esistono informazioni chiave che se rivelate donano immediatamente illuminazione ed esperienza. Se non si fanno progressi, non se ne può fare una colpa all’insegnante, perché nessun insegnante può trasferire la consapevolezza. Se non si ha un insegnante, non fate una priorità assoluta del fatto di trovare quello “giusto”. Nessuno dei miei insegnanti ufficiali è mai stato famoso, e per oltre dieci anni non ho avuto un mio insegnante. In quel tempo ho scoperto il vero, unico segreto: è necessario svilupparsi da soli. Se si continua a dipendere da un insegnante, o si tenta meramente di riprodurre e preservare l’approccio particolare di un insegnante, non si raggiungerà il proprio potenziale più alto. Chiunque voglia andare oltre deve essere disposto a riesaminare i principi classici del Taiji ed intensificare i suoi sforzi nell’incarnare questi principi”.

Luigi Zanini
(continua)

1 commento:

Unknown ha detto...

....dopo 6 anni di pratica quotidiana.... e non in palestra ma da solo, dopo aver imparato la forma, ti rendi conto di quanto sia vero che l'unico giudice ed arbitro del tuo impegno verso te stesso sei solo te stesso....