giovedì 12 marzo 2009

Libertà, cuore dello Xingyiquan (1/2)

Quando pratico Gongfu, cerco sempre di ricordare quello che ho letto, e a fare in modo "di essere uno" nella pratica e nella vita. Per ricordare bene, occorre trascrivere le cose, come facevano i monaci nello loro celle, ai tempi in cui non esistevano fotografie e fotocopiatrici. Di sicuro, quello che copiavano alla fine lo avevano ben imparato.

Ecco un altro dai più begli articoli di Inside Kung Fu, la Rivista dei tempi d'oro in USA sulle arti marziali. L'autore è una delle mie guide spirituali, Sifu Kenneth Cohen, un maestro di arti marziali che ha conosciuto grandi nomi della storia marziale cinese.

Ci siamo sbagliati di pochi giorni negli USA tanti anni fa, quando volevo incontrarlo, ma gli ho espresso per lettera la mia gratitudine per le cose belle che ha saputo condividere con i lettori dei suoi testi, sia sul Neijia che sul Qigong, di cui lui è un esperto.

Questo è uno degli articoli che decisamente meritano. E' diviso in due parti, questa è la prima.

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Xingyiquan, la "boxe del corpo e della mente", è sempre stata associata con le cose militari. E' attribuito ad un generale della dinastia Sung, Yueh Fei. Il fondatore storico dell'arte, Chi Lung-feng (17.mo secolo) ebbe due discepoli: Ts'ao Chi-Wu, comandante generale della provincia dello Shanxi e fondatore della scuola dello Shanxi di Xingyiquan, e Ma Hsueh-Li, fondatore della scuola dello Honan, associata con molti feroci boxers mussulmani. Xingyiquan costituiva il training di base per l'esercito cinese durante la prima e la seconda Guerra Mondiale. Esistono persino libri scritti sulle forme di baionetta dello Xingyi!

Un'autentica arte marziale non è mai bella da vedere; la sua grazia e la sua bellezza sono un prodotto collaterale dell'efficacia, non uno scopo. Infatti, quanto più l'arte è orientata al combattimento, tanto più semplici sono i movimenti. L'esperienza del combattimento insegna che si deve eliminare ogni tecnica che sia "fiorita" o simile ad una danza, e di concentrarsi su ciò che funziona. Perciò in un'arte marziale come lo Xingyiquan possiamo vedere i principi distillati di un'autodifesa di alto livello: attacco è difesa, circolarità e l'intera potenza del corpo. 

Questi principi possono essere applicati a qualsiasi arte marziale per aumentare la propria potenza ed efficacia. Infatti l'uomo che io considero il più grande maestro di Xingyiquan di tutti i tempi, Wang Xiangzhai, a suo tempo eliminò la pratica delle forme di Xingyi dal suo allenamento, sviluppando invece un allenamento sulla forma di meditazione in piedi e sul lavoro di spostamenti  (chiamato I Chuan, "la Boxe della Mente") e poi applicò l'abilità dello Xingyi al combattimento reale. Wang era un istruttore della fanteria cinese negli anni '20 e verso il 1929 un suo studente del terzo anno, Chao Tao-Hsin, aveva praticamente vinto il primo posto in un torneo open di full contact nello Hangzhou.

C'è un famoso detto nell’arte del Taijiquan: "Se l'avversario non si muove, io non mi muovo. Se compie un piccolo spostamento, io muovo per primo". Attenzione, non dice: "Esco dalla sua direzione e poi attacco". No, dice: "Io muovo per primo". Questa è la pietra angolare della filosofia e della metodologia dello Xingyi. Sviluppate una consapevolezza e riflessi così finemente in sintonia da capire anche dal più piccolo indizio - persino un cambiamento di respirazione, il salire di una spalla o lo spostamento del peso - il segnale di un attacco. E quindi attaccate per primi. I maestri di Xingyi insegnano che "Xingyiquan non ha passi indietro". E' vero anche l'opposto, che "Xingyi avanza in ogni caso". Ciò significa che qualsiasi cosa faccia l'avversario, persino anche se voi siete incapaci di anticipare i suoi movimenti, dovete attaccare. Passo avanti verso il nemico. A volte questo significa scambiandosi colpi, persino ricevendo un cazzotto nello stomaco in cambio di un colpo al viso dell'avversario. 

Idealmente il praticante di Xingyi taglia attraverso, s’infila dentro l'avversario mentre questi attacca, deviando fuori i pugni e i calci mentre al contempo colpisce con la stessa mano o con l'opposta. Spesso la difesa è l'attacco. Perciò il vero segreto delle arti marziali cinesi è "Non c'è uno-due, c'è solo uno". Questo significa che raramente capita che ci sia il tempo di applicare un attacco combinato (uno-due), perché nel tempo che impiegate per lanciare un attacco, l'avversario si sta muovendo in una posizione differente. Perciò è meglio basarsi sulla sensibilità e l'adattabilità (niente strategie preconcette, la mente è svuotata). Studia un colpo simile al fulmine, invisibile (e invincibile) e applicalo da diverse angolazioni e posizioni. 

Ricordiamoci che il maestro di Xingyi Guo Yunshen passò molti anni in prigione. Mentre le sue mani erano incatenate, tirava pugni alternati (l'elemento legno dello Xingyi, chiamato Peng, "che frantuma"), facendo schioccare le catene avanti e indietro (questo può essere utilizzato come metodo d'allenamento: usate un tovagliolo invece delle catene). Quando Guo fu rilasciato, fu chiamato "Il divino pugno che frantuma", a causa della potenza del suo pugno.

Attaccare difendendosi richiede un approccio totalmente diverso con il corpo e con la mente, ed è qui che possiamo vedere come Xingyiquan è complementare ad altre arti morbide quali il Taijiquan. Primo, quando un combattimento è inevitabile o durante la pratica del combattimento, il combattente di Xingyi deve costantemente cercare una apertura o un punto debole nella difesa dell'avversario. Deve essere pronto a prendere l'iniziativa. Non vuole essere la vittima. "Autodifesa" non significa usare la forza, ma usare la forza intelligentemente. Sì, evitare tutte le situazioni di aggressione, scappare se ce n'è ancora il tempo. Ma se non c'è tempo, allora sii pronto a colpire quando è più efficace il colpo.

Lo Xingyi richiede economia di movimento, come anche economia di forza. Usate il minimo dispendio di energie necessario per riuscire in un dato lavoro. Se hai bisogno di solo quattro once di forza per deviare l'attacco di un avversario, non usate cinque once. Un avversario molto abile riuscirà ad utilizzare quell’oncia in più di forza per mandare all'aria il vostro equilibrio. E' implicito che dobbiamo anche infliggere il minimo danno. Una volta che l'avversario è a terra e che noi siamo in controllo, raramente c'è bisogno di uno strangolamento o di una rottura di ossa. State attenti al gongfu nucleare, che stermina.

(Kenneth Cohen, da "Inside Kung Fu", traduzione dell'autore del blog - continua)

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