Come lo stesso Grandmaster Jou ammetteva
tranquillamente, solo nell’ultima decade della sua vita, specie negli ultimi
anni, cominciò a fare autentici progressi nel Taijiquan. Da buon studioso
dedicato, prese i classici come fonte primaria di studio. Infatti spesso diceva
che il suo maestro era Zhang San Feng, riferendosi al leggendario fondatore del
Taijiquan. In aggiunta ai classici, Grandmaster Jou aveva investito molto tempo
studiando ogni testo antico, originale o riproduzione, che parlasse di taiji,
qigong, meditazione o pratiche daoiste sull’energia.
Fece rivivere sistemi di pratica dimenticati
e prese in prestito esercizi da altre discipline marziali , rivestendole degli
attributi interni finché non diventavano un altro esercizio interno. Sviluppò
sistemi di pratica nuovi ed unici, tutti intesi a portare verso nuovi progressi
nel Taijiquan. Molti di questi sistemi li condivideva apertamente con tutti i suoi
studenti. Altri, quelli più avanzati, li teneva da parte, non per un atto di
segretezza ma semplicemente perché richiedevano un livello minimo di
avanzamento che pochi raggiungevano. Comunque
condivideva liberamente un ampio campo di conoscenza e dava - a chiunque
li potesse capire - gli strumenti per
impadronirsi dell’arte del taiji.
Le sue teorie erano semplici, ma
a volte controverse. La pratica del taiji doveva seguire l’evoluzione
dell’arte. La forma (o le forme) Chen dovevano sempre essere studiate per prime,
i loro principi compresi e acquisiti. Solo allora poteva essere studiata la
forma Yang, perché solo passando dal Chen la Yang poteva essere realmente
compresa. Lo stadio finale dell’evoluzione era espresso nella forma Wu/Hao, che
interiorizzava i principi fino a renderli sottili nuance. Oltre si andava verso
un metodo puramente mentale. Queste, le “quattro forme classiche”, come lui le
considerava, comprendevano il cuore dello studio e dell’insegnamento del suo taiji.
Allo stesso tempo non nascondeva
quello che pensava delle forme al di fuori di queste quattro. La forma di Wu Jianquan
era un derivato meno avanzato della forma Yang. La forma Sun era una ridondante
mistura delle tre arti interne. Le forme con le armi erano spesso insegnate
troppo presto nell’educazione di uno studente di taiji -- una perdita di tempo
che poteva essere spesa con migliori risultati nella pratica e nella
comprensione dei principi. Tutte le altre varianti erano semplicemente una
distrazione dall’originale.
Grandmaster Jou approcciava lo
studio e l’insegnamento del taiji in maniera olistica, cioè insegnava tutti I suoi
aspetti: come arte marziale, come pratica spirituale, come filosofia, etc. Disapprovava quelli che insegnavano l’arte in maniera frammentata. Insegnata
diligentemente, lui credeva che tutti i benefici diventassero un efficace effetto
collaterale di una pratica diligente del taiji.
Se insegnato in maniera frammentata,
i benefici erano ugualmente frammentati. Comprese che non tutti erano uguali. Di
conseguenza insegnava alle persone di iniziare il loro studio col ritagliare la
loro pratica secondo i loro limiti del loro corpo. Incoraggiava tutti,
comunque, ad estendere i propri limiti al massimo. In ultima, lo rattristava
che così tanti insegnanti non insegnassero (e spesso neanche conoscessero) i principi del taiji e le pratiche daoiste
energetiche, che erano il cuore del taiji.
Mano a mano che la comprensione
di Grandmaster Jou si evolveva, allo stesso modo evolveva il suo modo di
insegnare. Non si faceva illusioni sulla sua abilità e non permetteva al suo
ego di bloccare la sua crescita. Ad esempio, per anni insegnò ai suoi allievi
di usare la respirazione prenatale, on inversa, durante la pratica della forma.
Nel contempo aveva investito molto tempo riflettendo sulla frase che era
saltata fuori in un certo numero di testi antici relativi al qigong. La frase
era “wuxi zhixi,” che tradotto indicativamente vuol dire “respirare senza
respirare”. Attraverso molta meditazione e sperimentazione, Grandmaster Jou arrivò
a comprendere il senso della frase e, dopo anni di insegnamenti a respirare nel
vecchio modo , prese a usare la pratica di “respirare senza respirare”,
passando l’insegnamento ai sui studenti (per maggiore informazioni vedi il suo
libro Il Tao del Taijiquan).
Man mano che la comprensione del
taiji del maestro Jou progrediva, si è concentrato sempre più sull’approccio
"semplice è meglio". Ha continuato a rifiutare l'insegnamento di forme
di armi e ha avvertito i suoi studenti che, se avessero voluto fare qualche progresso
serio, avrebbero dovuto rinunciare a tutto quello che avevano imparato e
tornare alle basi, concentrandosi sui principi puri del taijiquan. Puntava
molto su drill di esercizi di base, sullo studio dei classici, e sulla forma
Chen.
Molti dei suoi studenti lo abbandonarono
durante questo periodo, scegliendo invece di perseguire strade più facili con
una gratificazione più veloce. Ma ciononostante Grandmaster Jou non cedeva. Il
Dongjing, l '"energia del sapere" era su di lui. Sapeva che era nel
giusto e perseverava. A differenza di molti suoi contemporanei, era un purista
e si rifiutò di mescolare qualsiasi tecnica di altre arti marziali nella sua
pratica del taiji. Questo, affermava, è stato quello che ha portato alle sue
scoperte nell’arte.
Ad esempio, durante i suoi numerosi
viaggi Grandmaster Jou osservò che nessuno dei maestri di Taiji di allora erano
in grado di fare sparring efficacemente solo con il taiji. In realtà, anche
coloro che dicevano di poterlo fare, in realtà non usavano i principi puri del
taiji, ma piuttosto tecniche di altre arti, mescolando tecniche di altre arti,
come il gongfu, per sostenere il loro sparring. Da questa osservazione credeva
di aver scoperto un errore quasi universale fatta da contemporanei e studenti
ugualmente. Questa scoperta, a sua volta, ha portato a una delle sue scoperte più
controverse. Lo scopo di praticare le forme, si rese conto, non era per
combattere, ma piuttosto da utilizzare come modello per diventare un tutt'uno
con i principi del taiji. In realtà, alla fine si convinse che l'uso di applicazioni
delle forme avrebbero bloccato per sempre un praticante ad un livello dal quale
non avrebbe mai stato fatto alcun progresso. Questa teoria non sta bene alle
persone che avevano trascorso tutta la loro vita a praticare e insegnare
applicazioni. Eppure la prova, come si dice, basta cercarla.
Quando faceva sparring,
Grandmaster Jou diventava una dimostrazione di imprevedibilità. Lo attaccano e
lui era dietro di te. Afferralo e lui non era più alla tua portata. Fare
tuishou diventava come “spingere l’aria", poi improvvisamente tornava a
spingere con le mani ed eri perso. Il Chin na era inutile contro di lui. Stili
duri non potrebbero compensare le sue mosse imprevedibili. Come un ex sparring
partner ha spiegato, "Quando facevi sparring con 'Grandmaster' Jou in
genere finivi 'a testa in giù contro un palo senza ricordare come ci eri
arrivato.'" Nemmeno per un attimo ha mai pensato di "inquinare"
il suo taiji con qualsiasi altra arte marziale. Anni di infusione dei movimento
del taiji ha ripagato con risultati molto alti – perché quando questo uomo di 81 anni faceva sparring, lo faceva
solo con i principi del taiji e non si riusciva a batterlo.
La morte di Grandmaster Jou è
stato particolarmente difficile per coloro che hanno studiato sotto di lui,
perché sapevano meglio di chiunque altro cosa il mondo aveva davvero perduto.
Ma forse prima di lasciarci, Grandmaster Jou ci aveva già dato il segreto della
maestria nel taiji, che, come tanti segreti, rimane in bella vista. "Torna
alle basi e pratica." Con questo semplice fatto ci rendiamo conto che la
comprensione è la parte facile. E’ la maestria che richiede una vita.
L'articolo originale si trova
presso il Jou Tsung Hwa Memorial Site.
Inserito da Mark alle 14:05 del 31
luglio 2005 (traduzione dall'inglese)
Nessun commento:
Posta un commento